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PD, è tempo di cambiare… comunicazione!

Il candidato del Partito Democratico alle elezioni regionali in Lombardia è Filippo Penati, ex presidente della Provincia di Milano, sconfitto per la rielezione pochi mesi fa e genialmente candidato alla carica più alta della regione.

Il candidato del PD aveva lanciato la campagna elettorale con un manifesto che ritraeva la leva di un cambio: sull’ipotetica sesta marcia, la scritta “Penati” (qui immaginiamo il brainstorming con lo strategic planner o l’account a dire: la Lombardia va già veloce e quindi è necessario optare per un cambio da Formula 1),  con lo slogan: “Lombardia 2010: è tempo di cambiare”. Una scelta tattica, lontana anni luce dalla sobria strategia della campagna (“Per l’alternativa”) che  Bersani aveva lanciato dopo la sua elezione a segretario del partito.

Si spera che il neo-segretario e gli strateghi del PD abbiano avvertito la stonatura e abbiano invitato il candidato lombardo ad adeguarsi. Così si spiegherebbe il lancio dei nuovi manifesti di Penati, uno che, pur avendo perso di recente, si sta concedendo una visibilità spropositata.

Scomparso il cambio (Lombardia 2010: era già tempo di cambiare comunicazione!), ecco che si vede il sorriso di Penati accompagnato dallo slogan, ben più integrato alla linea del partito,  “L’alternativa lombarda”.

Non contenti quelli del PD, in questi giorni hanno varato anche una campagna isituzionale di respiro nazionale. Facce superfighe, che recitano i soliti slogan. “In poche parole, un’altra Italia”, lo slogan.

L’impressione è proprio che il PD abbia a che fare con un’altra Italia rispetto a quella creata da Berlusconi. Peccato che anche una comunicazione di questo tipo risulti “altra” per la stragrande maggioranza degli italiani. C’è chi parla alla pancia degli italiani, raccattando le frasi nei bar, agli angoli delle strade, sui mezzi pubblici e le trasforma in slogan, c’è chi invece, come il PD, parla un’altra lingua, incomprensibile e lontana dalla realtà che i cittadini vogliono (purtroppo) sentirsi raccontare. Una campagna inefficace proprio come la penultima.

Non bisogna seguire Berlusconi, ma nemmeno bisogna pensare che un partito possa essere venduto come fosse una compagnia telefonica. 

Che fare? Dire qualcosa di sinistra, anche nella pubblicità, per cercare di costruire un’identità, finalmente nuova e davvero alternativa.


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